Del chiamare casa questo "minuscolo spazio vitale"

Nell'ultimo post che ho condiviso su instagram ho mostrato un angolino del mio piccolo monolocale nel quale è protagonista, da qualche giorno, una composizione formato A4 di piccoli acquerelli, che ho realizzato nell'ambito di una challenge ad agosto (li avevo mostrati in questo post), e che poi ho ritenuto fosse carino incorniciare, un po' per non metterli via e dimenticarmene - di me, dello stato d'animo e del momento in cui li ho realizzati -, un po' per pura scelta estetica, perché mi piace guardarli ogni tanto.


Quello è il mio angolino personale, in questa casa (cioè stanza) in cui da 2 anni non vivo più sola, appositamente sgombrato per scattare la foto ma che è invece ordinariamente ricoperto dalle mie cianfrusaglie, penne, quaderni, agende, acquerelli, album e fogli sparsi provenienti da quella che, a casa dei miei, era la mia scrivania, e che qui non hanno trovato migliore collocazione. 

Perché qui una scrivania non ce l'ho, e allora quello che è per me il mio spazio privato, quello che ha l'oneroso compito di raccogliere i miei oggetti, e con essi i miei pensieri, si è ridotto ad essere l'angolo di un mobile. Ed è forse questa la cosa che mi manca di più: quel posto, nella casa, che sia solo mio. Certo anche una tv e un divano da cui guardarla comodamente la sera non sarebbero male, dei comodini accanto al letto su cui poggiare il libro e gli occhiali, e un guardaroba degno di questo nome neanche mi dispiacerebbero. Ma se a queste cose cose ho potuto rinunciare, lamentandomene ogni tanto ma arrangiandomi con quel che c'è, il mio angolino personale ho dovuto ritagliarmelo. E perfino "decorarlo" per farlo più mio. Fino ad ora ero stata restia a tenere in giro troppe cose, visto appunto lo spazio limitato e il rischio di caos visivo che ne consegue, ho comprato pochissimo e solo l'indispensabile, rinunciando serenamente ad ogni inutile orpello decorativo, ma dopo 3 anni, quel piccolo quadretto lì l'ho messo. Perché nel tempo l'impossibilità di arredo e personalizzazione diventa limitante e l'esigenza invece di esprimersi, anche in questo senso, più forte di quanto credessi.

Il desiderio di avere finalmente una casa mia, già forte prima, si è amplificato molto in questi mesi di reclusione, in cui mi sono ritrovata a vivere 24/24 in un monolocale di cui ho percepito tutti i limiti e da cui, al contempo, si è fatta remota la possibilità di uscire presto. All'inizio dell'anno avevamo avviato le ricerche per comprare casa, ma la speranza di un trasloco a breve è stata resa vana dagli eventi, e così sono ancora qui, e rassegnata ormai all'idea di rimanerci ancora per diversi mesi.

Arrangiarsi, adattarsi a questo "minuscolo spazio vitale" (cit.) così piccolo, in due, ingegnarsi per ricavare gli spazi e far funzionare le cose, per portare addirittura avanti una convivenza, senza porte da sbattere quando si discute o posti dove isolarsi diversi dal bagno, non è sempre facile. Cerco consolazione nel pensiero che il futuro potrà difficilmente essere peggiore del presente. Almeno spero. Andrà meglio, prima o poi, vero?

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