La pandemia e il mio eterno ritorno

Cavolo se è difficile ricominciare a scrivere dopo due anni.
Eppure, quanto mi era mancato.

Questo resta sempre il posto dove mi rifugio quando non so dove altro andare, quando la ruota all'improvviso si ferma e io mi ritrovo nuovamente spaesata e in cerca di un appiglio per non cadere.
E ogni volta che torno mi rincresce di averlo trascurato questo spazio, di avere ancora una volta volutamente dimenticato questa parte di me, a favore della "vita vera".

Beh, stavolta ci voleva la pandemia perché tornassi a scrivere. 
Per l'esattezza, sono passati quattro mesi dal lockdown nazionale, eppure riesco a buttare giù due parole solo adesso perché la mia stabilità mentale in questi mesi è stata molto labile, e solo ora sta recuperando una certa fermezza. 
Almeno credo. 


Vorrei parlare anche io, come tutti, di smart working ma non posso farlo, perché sono quattro mesi che non lavoro, neanche in modalità smart.
Il mio lavoro si è fermato, la ricerca di una nuova casa si è fermata, sono tornata sui libri pur di non stare ferma, nella speranza di ottenere qualcosa di più di quello che avevo prima. 
Perché non ero felice neanche prima, in realtà. Erano mesi che mi dicevo che avevo bisogno di una scossa, di un qualche cambiamento anche minimo perché mi sentivo bloccata, come se mi fossi adagiata in una situazione che comunque non mi soddisfaceva. Ecco, forse bastava anche meno della pandemia, ma è andata così. E il mio umore è oscillato dalla gratitudine per aver avuto la possibilità di fermarmi e pensare, e il panico totale del tempo che passava, vuoto e privo di prospettiva.
 
Poi certo ho fatto anche la pizza - il pane lo rimando alla prossima quarantena -, workout quotidiano, letto molto, dipinto e disegnato. Sono stata anche troppo sui social, senza dubbio, unico palliativo alla solitudine. Ho compiuto anche 30 anni, ma non me ne sono accorta. 

Ma ho messo per l'ennesima volta tutto in discussione, e sono stanca. Ho bisogno di fermarmi e di individuare una strada, una, dove andare, perché rischiare di buttare tutto all'aria ogni volta è estremamente faticoso.

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