You may say I'm a dreamer

E' passata una settimana dagli attentati di Parigi, e parlarne sembra ancora difficile, e probabilmente inadeguato. Io non sapevo cosa dire una settimana fa, e non so cosa dire ora. Ho scritto, cancellato e riscritto questo post più volte, ma quando si tratta di un argomento grande e complesso come questo, di fronte al quale mi sento piccola piccola, preferisco tacere e ascoltare.

Perché la prima cosa che si fa, a caldo, dopo un evento del genere, è additare, in maniera semplicistica, le vittime e i colpevoli. Facile, quando ci si fa guidare dall'onda dell'emozione.
Un attimo dopo, si può parlare dell'attacco alla cultura occidentale e alla democrazia, si può parlare anche del valore della liberté, dell'importanza del non farsi intimorire, del non cambiare le nostre abitudini e il nostro modo di vivere, perché significherebbe darla vinta a loro. E va bene. 
Poi si può parlare della questione religiosa, ma ormai sembra essere marginale. 
Si potrebbe parlare degli interessi economici, più che altro, che sono i veri padroni del mondo. 

E mi piacerebbe pensare che non sia così, mi piacerebbe poter essere un dreamer alla stregua di John Lennon, e sperare ancora in un mondo giusto, guidato da valori come il rispetto, l'amore, la tolleranza, la pace. Sarebbe così semplice, eppure siamo sempre più pronti a farci la guerra che a stringerci la mano. 

Insomma, io più che la bandiera francese come foto profilo di Facebook, avrei messo la bandiera della pace, ecco.

Chiudo questo post senza filo logico con un brano tratto da un libro - di cui consiglio a tutti la lettura - che io, per puro caso, avevo iniziato a leggere proprio qualche giorno prima della strage di Parigi. Si tratta di Lettere contro la guerra, di Tiziano Terzani, una raccolta di lettere, appunto, (tra cui quella del celebre dibattito con la Fallaci) pubblicate a seguito degli attentati di New York del 2001.
"Immaginiamoci il nostro momento di ora dalla prospettiva dei nostri pronipoti. Guardiamo all'oggi dal punto di vista del domani per non doverci rammaricare poi d'aver perso una buona occasione. L'occasione è di capire una volta per tutte che il mondo è uno, che ogni parte ha il suo senso, che è possibile rimpiazzare la logica della competitività con l'etica della coesistenza, che nessuno ha il monopolio di nulla, che l'idea di una civiltà superiore a un'altra è solo frutto di ignoranza, che l'armonia, come la bellezza, sta nell'equilibrio degli opposti e che l'idea di eliminare uno dei due è semplicemente sacrilega."

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